domenica 25 novembre 2012

Créo.

Avevo avuto mal di schiena per tutta la settimana. Mi partiva dalla spalla destra, passava al collo, andava alla spalla sinistra e ricominciava il giro.
Oltre a quello a metà schiena che ho sempre, e che non riesco ad allacciarmi le scarpe la mattina.
Però sabato, quando sono uscita prima dal lavoro per andare dalla parrucchiera, magicamente ha cominciato a scomparire. Mentre preparavo la borsa per la trasferta se n'era andato quasi del tutto. Quando sono arrivata a S.G. nell'auditorium per le prove, avevo la schiena di una tredicenne e ballavo.
Letteralmente.

Prima di scendere dal pullman avevo fatto la brava, avevo preso il microfono e avevo detto a tutti: "il Maestro si è raccomandato, ragazzi, le prove sono alle 18.30 precise, adesso sono le 18.15, nessuno si allontani, scendiamo dal pullman e andiamo dritti all'auditorium per le prove."
Scesa dal pullman sono arrivata all'auditorium, ho mollato la borsa con la divisa, ho piazzato il figlio RodolfoValentino in un luogo sicuro (il chiostro umido dell'ex convento, in compagnia di una coetanea e di un gatto) e me la sono filata con la Ballerina per andare a comprare il ciaùscolo.

Poi però, mentre eravamo lì nella solita macelleria a comprarne tre (uno per me, uno per lei, uno su commissione per il mezzosoprano solista) ha cominciato a prudermi la coppa.
"Il mio non me lo metta sottovuoto, lo prendo così com'è. Dài, Balle, paghiamo e andiamo."
"Perché?!"
"Stanno iniziando a cantare, me lo sento nelle ossa."
E ci siamo catapultate per una scorciatoia a rotta di collo e siamo entrate con tutti già schierati e Ad in piedi sulla pedana rosso ciliegia che dava le ultime dritte ai musicisti.
Svicolando tutto a mancina mi sono piazzata bordo bordo, dove piace stare a me, dove posso sbracciare e saltare senza dare fastidio al prossimo e poi vicino alle coriste dell'altro coro, che a me mescolare le voci e fare comunella mi piace assai.
Stavo appunto facendo comunella con la corista cognata del macellaio di cui sopra quando Ad mi ha spostata nel mezzo.
Però ho saltato e ballato lo stesso, ho cantato dalla punta dei capelli all'unghia del mignolo del piede. Il bandoneon, il pianoforte, il violoncello e le percussioni danzavano come anche Ad, sulla sua pedana color ciliegia, per fortuna piuttosto ampia.
Mi sono goduta tutto, dalle due ore di pullman andata e ritorno alla prova generale con tutto - tutto - daccapo, alla pizzetta nella pizzeria buonissima sovraffollata, al caffé in piazza con la Balle e la Tenora, al concerto, al dopo concerto, al gatto di RodolfoValentino e della BellaV. che ha fatto la cacca nello spogliatoio delle donne, insomma che dire.
E martedì ci sono di nuovo le prove.
Sono in estasi.


mercoledì 21 novembre 2012

A.A.A. cinque anni, usato come nuovo, vendesi.

"Mamma, ma io quanto costo?"
"Eh?"
"Quanto costo, io?"
"In che senso?"
"Un euro?"
"Ma perché me lo chiedi?"
"Me l'ha chiesto la Sofia."
"E chi è?"
"Una mia amica della scuola materna. Vuole sapere quanto costo."
"Ma perché?!"
"Perché mi vuole comprare per portarmi a casa sua. Allora, cosa le devo dire? Quanto costo? Un euro, cinque euro?"

lunedì 19 novembre 2012

understatement.

"mamika vieni, ci manca il quarto."
"non so giocare."
"eddài, non importa. tira."
"sgghhh... hmf... gòl."
"urca, guarda che passaggio!"
"rfh... mmmmhh... gol."
"questo è colpa mia, non ho messo gli occhiali."
"hhhhhh... gnnnnnh... gol."
"evvai!"
"gol. ti sei distratto."
"... ma non avevi detto che non sapevi giocare???"

quando tre dei migliori giocatori tra i genitori della classe III B ti chiamano per fare il quarto a biliardino, meglio non esporsi troppo.

comunque è bello scoprire che non si è poi così tanto arrugginiti.

venerdì 16 novembre 2012

Perplessitudine.

Ha iniziato il primo giorno.
Ha fissato i suoi occhi a mandorla nei miei, mi ha sorriso e ha detto: "Tu hai una bella voce."
Mah, insomma, le ho detto io. Non "bella" ma "utile", le ho risposto.
In effetti la mia voce è troppo chiara per essere di contralto, è troppo leggera per un mezzosoprano, è troppo sfigata per un soprano.
Però a forza di ripetere e ripetere e ripetere, a forza di insistere, insomma, adesso mi ci diverto abbastanza. Non è che rispetto a vent'anni fa sia diventata "bella", e ormai non lo diventerà. Però nel tempo ho imparato a fare delle cose. Piano quando serve, forte quando serve. Triste quando deve, gioiosa quando è il suo tempo. Perché cantare è un po' come l'Ecclesiaste, c'è un tempo per ridere e un tempo per ballare, un tempo per piangere, eccetera eccetera.
Mi dà sempre un po' fastidio perché è nasale, e in mezzo ai mezzi spicca come quella di un castrato in un coro di bassi russi.
Comunque, ho imparato a farci delle cose che mi danno piacere. La mia voce mi permette di essere quella che sono, e di dire quello che voglio dire. E' le plus court chemin d'un coeur à un autre.

Però, poche bobbe e pedalare.

Invece.

Invece la maestra (sì Trantor, lo so che non si dice) di vocalità  insiste. Che "è bella. Ha una grande estensione. Senti che belle note basse piene. Senti come arrivi bene in alto. Senti come appoggi. L'avete vista? Quando canta si vede la gioia di cantare. Devi passare nei soprani. Devi sostenere i contralti in questo passaggio."

Ma guarda tu se a (omissis) anni suonati dovevo diventare la prima della classe.

Che mi hanno sempre dato sui nervi, le prime della classe.

Mah.

mercoledì 14 novembre 2012

Il tacco.

Cosa può fare un tacco,
quando a fine giornata sei un po' sfatta
ma passi lo stesso a mangiare una piada con le amiche.
Cosa può fare un tacco, davvero,
può fare miracoli,
cosa può fare un tacco
con la calza velata
e il panta lucido
anche se marina terragni ha detto
che il panta fa tamarro
(chissà, forse perché lei ha le gambe grosse
e non lo può mettere,
il panta).
Cosa può fare un tacco,
che ti fa ancheggiare anche
con l'ernia del disco
tra L5 e S1,
che ti dovevi operare,
dicevano.
Ma che operare.
Basta il tacco, ed ecco
che la schiena s'incurva,
là ove un dì era tutta pianura,
e pare pure che tu ci abbia un culo,
cosa che invero non hai mai avuto,
massimo massimo
un posto per sederti.
Cosa può fare un tacco,
che le amiche ti dicono che sei figa,
gli amici ti guardano contenti
e pensano,
pensano: "Toh, s'è ricordata
ch'era una femmina."
Cosa può farti un tacco
quando sali a dare gli avvisi al coro
sulla pedana del Maestro
e ti accorgi che lui non è poi così alto
come sembra quando dirige
e tiene pure il leggìo a venti metri dal naso
e quindi ti chini a squadra per leggere l'elenco
e ti torna il mal di schiena
un crampo al polpaccio
e i colleghi ti guardano come fossi
un travestito sbilenco al gay pride.
Cosa può farti, un tacco.
Domani metto le sneakers.

lunedì 12 novembre 2012

con la pioggia.

a me quando piove forte vien voglia di abitini e di mare, di colori, sabbia, rastrello e paletta, di cose con le spalline sottili, di pelle abbronzata, di gelati, di testa sott'acqua, di  gabbiani che pisolano al sole, di concerti che finiscono tardi col rinfresco all'aperto che a mezzanotte fa ancora caldo.

mi viene voglia di musica argentina, di viaggi, di cibo esotico, romanzi d'amore, abiti con le balze rosse, poltrone in ristoranti di lusso.

mi viene voglia di cucinare, lavare, stirare, leggere, scrivere, fare bambini, comprare caramelle e scarpe.

ho sempre pensato di essere metereopatica. ma forse sono solo pazza.

domenica 11 novembre 2012

Natural born Ladies.

Sono quelle dai capelli lunghi.
Lunghi dalla nascita.
Le loro madri non glieli hanno mai tagliati.
"Non ne ho il coraggio, sono così belli."
"Mi dicevano: tagliaglieli, che diventano più forti. Ma io non posso farlo."

Mia mamma me li tagliava sempre, a Pasqua. Tutti gli anni. Corti mezzo dito.
Non che fosse religiosa, è che "Sono più pratici", diceva. A marzo riusciva a farmi i codini, ai primi di aprile mi accompagnava dalla parrucchiera.
Mia madre ha sempre tenuto alle cose pratiche.
Ero una figlia nata per caso, e ho imparato presto le regole.
Avevo un'altalena in soggiorno. Però fino alle quattro del pomeriggio non dovevo fare rumore. E dovevo portare i capelli corti.
Ed è così che, io credo, non sono mai riuscita a farmeli crescere.

Invece loro camminano per strada, e i capelli si muovono sulla schiena.
Color del rame, color delle castagne. Hanno onde morbide. Color del cioccolato, colore della notte.
Si muovono e le onde morbide si muovono con loro, delicatamente, naturalmente.
E sono sempre belle.
Con la gonna lunga, con la gonna corta, con i pantaloni e gli stivali.
Con gli stivali da pioggia e l'impermeabile, stamattina, e una bellissima figlia coi capelli lunghi, uguale, dietro. Non hanno bisogno di trucco, o solo di un trucco leggero, indossano abiti morbidi e camminano con leggerezza. Non sembrano mai affaticate, solo lievemente stanche, a volte. Non conoscono le pene dell'amore non corrisposto ma solo i vaghi rimorsi di quello non concesso.

Navigano la vita come snelli velieri su un mare sempre calmo. Sposano uomini ricchi, fanno bei figli e danno loro nomi composti, o nomi di colori. Vanno in vacanza in posti dei quali faccio fatica a ricordare il nome, vanno a New York a Natale, conoscono i posti migliori nei teatri di Londra, hanno un piccolo appartamento a Parigi.

Sono così belle che fai fatica a dar loro l'età. Sono così belle che a me piace guardarle quando passano, osservare i loro lunghi capelli, la pelle di cipria, i cappotti di panno color cammello, le borse di nappa, le scarpe basse di cuoio o quelle col tacco sottile.

Mi piace guardarle mentre osservano quelle vetrine che io non guardo mai.